Incontrai
l’angelo dei “se” al luna-park.
Era
un bambino e sedeva sul primo dei tre gradini della casa degli orrori.
Mi guardò, mi sorrise da dietro il suo
enorme bastoncino di zucchero filato e mi disse:
- Lo
sai che se non avessi speso una monetina per questo delizioso bastoncino di
zucchero filato adesso potrei, con quel soldino, fare un giro nella casa degli
orrori? –
Non
mi diede neanche il tempo di rispondere che continuò sorridendo ammiccante
- …ma se avessi speso quella moneta per
fare un giro nella casa degli orrori adesso non starei qui a deliziarmi con
questo bastoncino di zucchero filato!!!! –
Non
potei che convenirne annuendo e riflettendo su quanta saggezza e ragionevolezza
era insita in un bambino così piccolo.
Ma
lui già stava dicendo, scavalcando i miei pensieri:
-
Se non fossi già salito sulla ruota panoramica e fossi invece andato nella nave
del pirata, forse adesso avrei un soldino in più da spendere per un croccante
ma, secondo te, un croccante può mai competere in emozione e bellezza con la
meraviglia di uno sguardo dall’altezza della ruota panoramica? -
Annuivo
e mi sorprendevo sempre più delle considerazioni del piccolo amico seduto sul
gradino della casa degli orrori e pensavo tra me e me che aveva ragione e che
c’era una buona motivazione in ognuna delle scelte fatte dal piccolo, le stesse
che forse avrei fatte anche io.
Ma
il bambino continuava. Sorrideva, mangiava il suo zucchero filato e con quel
suo faccino sbarazzino e provocatorio continuava a propinarmi una sequela di
“se”.
-
Se non avessi scelto di venire qui oggi probabilmente sarei da un’altra parte,
a fare altre cose ma mi chiedo, e lo chiedo anche a te, pensi che da un’altra
parte avrei potuto divertirmi di più di quanto mi stia divertendo qui, con la
musica, le giostre, gli altri bambini, i baracconi del tiro a segno, le
vaschette dei pesci rossi, le montagne russe, il trenino del far-west? Io credo
di no, però nel “se” resta il dubbio. Forse avrei potuto essere in un luna-park
più grande, con più attrazioni, con più gente, con più divertimenti, con più
dolci, ma pensi che avrei potuto divertirmi di più di quanto io mi diverta qui,
o mangiare un bastoncino di zucchero filato più dolce e grande di quello che mi
sto gustando o salire su una ruota panoramica che avrebbe potuto offrirmi una
emozione più forte e intensa di quella provata davanti alla sconfinata altezza
e bellezza che ho goduto da lassù? – mi domandò guardandomi negli occhi ed
indicò la cabina della ruota all’apice del cerchio.
Non
sapevo cosa rispondere perché in fondo aveva ragione. L’intensità delle
emozioni non può essere commisurata con le ipotesi del “se”.
Va assaporata, goduta minuto per minuto,
attimo per attimo perché è effimera e incerta e sfuggente. Non bisogna stare
con il bilancino a pesare, a paragonare, a fare raffronti, a cercare il meglio
o il di più quando, inseguendo quello, si sottovaluta, ci si allontana, si
perde ciò che di bello, unico e irripetibile ci si offre in quel momento.
Come
si mi avesse letto nel pensiero, il bambino dei “se” mi guardò seriamente negli
occhi.
Era
scomparsa la sua birbanteria, la sua monelleria.
Pacato,
saggio e adulto, mi fissò con i suoi grandi occhi blù e mi disse:
-
E’ inutile che ti tormenti con tutti i tuoi “se”, se avessi fatto questo, se
non lo avessi fatto, se avessi preso quella strada, se non avessi detto quel
che ho detto, se fossi andata, se fossi rimasta, se non lo avessi mai
incontrato, se non fossi mai nata, se fossi stata un’altra o quant’altro ti
viene in mente. Ti ripeto che è inutile. Te l’ho dimostrato con i miei piccoli
esempi. L’intensità, la realtà, la verità delle emozioni, perché in definitiva
è a questo che si riconduce la vita, non va mai rapportata all’ipotesi del
“se”. L’ipotesi, già di per sé, è come una mano chiusa in cui potrebbe non
esserci niente o solo una manciata di mosche, pronte a volarsene via appena
aperte le dita. L’ipotesi è il vago, l’incerto, l’improbabile. Non perderti in
labirinti senza uscita, non lasciarti abbindolare da specchi insinceri che ti
illudono con immagini non veritiere. Lasciali qui, al luna-park, l’unico luogo
dove è giusto che siano. Qui, dove la gente viene pronta a divertirsi, a non
prendersi sul serio, a ridere di sé e non a domandarsi o a tormentarsi con i
suoi “se” -.
Mangiò
un altro fiocco del suo zucchero filato, sorrise e ammiccò offrendone anche a
me.
Perché
no? Aveva ragione!
In quel momento mi resi conto di pensarla proprio
come lui, nonostante in passato non mi fossi mai soffermata a rifletterci su.
Ero
invecchiata a furia di tormentarmi inutilmente con tutti i miei “se”...
Era
giusto che fermassi pure io il tempo, come il bambino dei “se”: il luna-park era il luogo più indicato per
chi non voleva tormentarsi più, per chi voleva godere dell’attimo fuggente.
Perciò
accettai dal bambino dei “se”, alias l’angelo dei “se”, quel fiocco di zucchero
filato e beata me lo gustai, guardando ammirata la ruota panoramica che compiva
il suo meraviglioso giro nel cielo.
