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giovedì 22 dicembre 2016

* Occhi di Cielo e Occhi di Lago *

 
                                                         
       Nel  villaggio del Gran Capo Piuma Giusta c’era grande scompiglio.
La sorpresa non riusciva a contenersi nei volti delle giovani squaws, dei forti guerrieri, degli anziani saggi.
Occhi di Cielo, il figlio del Grande Capo, aveva lasciato in un mare di lacrime Heawee - Fanciulla Ridente - la sua promessa sposa, la giovane indiana che da anni lui amava, la giovane donna che era fiorita per lui, sbocciata alla vita per lui. Bella, bellissima, ridente, un incanto per cui lui fiero viveva.
Come era possibile lasciarla in un mare di lacrime, in un oceano di disperazione... E poi perché anche lui, Occhi di Cielo, piangeva disperatamente, abbandonato da ogni umano sorriso?
Che scompiglio, che sorpresa! Nessuno ci capiva niente.
                                        
E piangeva di nascosto, in un bosco intricato poco distante, Occhi di Lago.
Grandi cespugli e alberi contorti e rami sinistri soffocavano, insieme al vento e alle foglie, quel pianto, che sarebbe stato straziante altrimenti.
La sua storia era molto triste ed il Bosco l’aveva presa a cuore.
Anche lei, Occhi di Lago, lo sentiva amico il Bosco, l’unico che potesse accoglierla e farla piangere e nascondere il suo dolore.
Quasi nessuno la vedeva più tanto il suo bosco la proteggeva.
E lei piangeva. Piangeva: tanto da non smettere più. Tanto che l’Albero Anziano, quello che aveva visto mille e più amori sbocciare, quello che aveva perso il conto delle primavere e degli autunni passati tra i suoi rami, quello che si era visto crescere la vita intorno a colori, la chiamò vicino e le parlò.
“Piccola” le disse “non piangere. Tu sei Occhi di Lago. Non lasciare che lacrime vane prosciughino il lago che tu sei. Asciuga gli occhi e guarda nel tuo cuore: guarda con gli occhi limpidi, vedrai più chiaro. E se gli occhi torneranno a lacrimare, allora pensa che tu sei un lago e che sarà la gioia per tanti rispecchiarsi in te. Pensa che rifletterai l’amore che si verserà in te. Più sarà grande e più lo rifletterai e lo rifletterai insieme a mille raggi di sole, frammisti a balenii di onde e insieme a pioggia scrosciante e insieme a fronde e perché no, magari insieme ai rami di un Vecchio Albero Anziano.
Non piangere. Non piangere!”
Colpita da quelle sagge parole lo guardò Occhi di Lago e rimase a pensare.
Gli occhi perduti, spalancati … però non piangeva più: pensava.
                                       
Nella riserva intanto Occhi di Cielo era molto triste.
Vedeva la sua Ehawee e si sentiva stringere il cuore. Ehawee, la sua Fanciulla Ridente, invece di sorridere e di ridere, piangeva. Si disperava. Parlava in nome dei ricordi e piangeva. Aveva mille rimpianti e piangeva.
La sua bellezza era segnata dal pianto e … Occhi di Cielo piangeva.
Piangeva per lei, piangeva per se stesso, piangeva per Occhi di Lago.
Ma la giovinezza non si può passarla piangendo. La giovinezza non si può sprecare così.
Suo padre, il Grande Capo, lo chiamò.
“Figlio” gli disse “è tempo per te di guardare. Ma non il cielo, non la terra, non il mare. Hai tempo per quelli.
E’ in un luogo più lontano, più profondo, più intimo, più sacro, più nascosto, più ... insidioso ciò che devi guardare.
Ti ho dato chiari occhi ed una mente limpida perché io credo in te.
Tu sei giusto, tu sei onesto.
Rimani libero, come libera è la terra, come libero è il cielo.
Rimani uomo, perché è uomo che tu sei.
Non rinnegare mai ciò in cui credi. Lotta per quello. Che la fierezza sia sempre con te.
La vita,  sai, è un lampo e l’amore e la sua luminosità.
Sembra che voglia squarciare il cielo, tanto è potente, ma quando odi il tuono l’amore è già passato e lei, la vita,  senza quel bagliore non risplenderà più.
Per questo ti dico guarda. Guarda ad occhi aperti nel tuo cuore. Guarda bene, tu non sbaglierai, ma guarda ora, guarda in fretta perché il tuono arriva, e se non ti coglie, fugge lesto”.
E capì Occhi di Cielo. Suo padre era saggio.
La vita è un dono grande, questo lui lo sapeva, ma l’amore è un dono ancor più grande. Non bisogna sciuparlo, non bisogna ferirlo, non bisogna ingannarlo.
Anche se le lacrime bruciano, non bisogna risparmiarle perché aumentano, come aumentano i ricordi, e ad un certo punto saranno così dirompenti, così straripanti, così strazianti, che ogni argine sarà vano.
E poi sì, sarà troppo tardi. Sarà aver rinnegato davvero l’amore. Sarà averlo violato, travolto, tradito. Sarà averlo ignorato e lasciato morire.
Così pensava Occhi di Cielo e non sapeva che fare.
Perché proprio lui era stato scelto per essere illuminato dal bagliore dell’amore delle due stelle più luminose dell’universo? Perché?
Sì, era il figlio del Grande Capo Piuma Giusta, ma in fondo cosa aveva lui di più da offrire o da meritare in confronto ad Alce Veloce e a Necoma, o ai suoi giovani compagni che invece non avevano ancora nemmeno intravisto il balenio di una stella?
Così pensava Occhi di Cielo e gli tornavano alla mente le parole di suo padre.
“La vita” sai “è un lampo e l’amore è  la sua luminosità.
E’ insieme che investono la terra. E’ insieme che esistono. Senza luminosità non ci sarebbe nemmeno il lampo. Non si possono scindere!’’.
Ma lui non voleva scindere niente: l’amore era la sua ragione di vita. Questo sentimento lo aveva condiviso da sempre con Heawee e poi … poi improvvisamente quella folgore, quella luminosità che irradiava da Occhi di Lago che lo aveva travolto, folgorato … Doveva staccarsi da quella luce? Doveva scindersi? Doveva ignorare e allontanare quell’amore? E se invece la giusta fonte di luminosità fosse quella irradiata da Heawee? Lei piangeva, lei soffriva … Doveva forse rinnegare l’amore della sua Fanciulla Ridente?
Suo padre, nella sua immensa saggezza, gli aveva detto di guardare ad occhi aperti nel suo cuore, di guardare in fretta.
Questa fretta lo spaventava. Il tempo, inesorabile, gli accelerava i pensieri e lui non riusciva a concentrarsi: cuore e mente, stremati,  si rincorrevano disordinatamente tra sentieri di sentimenti ed emozioni finora a lui sconosciuti, finora non svelati del suo essere più intimo … Non riusciva ancora a fermarsi per guardare con occhi limpidi e sinceri lì, dove nulla inganna… Lì, dove suo padre gli aveva detto di guardare senza paura: nel suo cuore.
Ma suo padre gli aveva anche detto che non avrebbe sbagliato, perché lui era giusto, lui era onesto.
Ciò che lo faceva soffrire di più di questo inestricabile dilemma era l’ingiusta e dolorosa distorsione che avevano assunto le verità che lui credeva più giuste.
Giustizia distorta, gli gridava a gran voce il cuore piangente, ma pur sempre giustizia: questo gli ribatteva razionalmente la mente.
Fu così perciò che, dopo lunghe e lunghe ore di meditazione, si avviò nel bosco, dove, lui lo sapeva, viveva Occhi di Lago.
                                            
Batté forte il suo cuore quando la vide ed anche quello di lei.
Ne fu quasi percettibile l’eco, come dei tam tam che si mandavano dei segnali.
“Come sei bello!” pensò Occhi di Lago. “Tutto il cielo è in te. Il cielo sereno dei giorni più belli”.
“Come sei bella!” pensò Occhi di Cielo e la vide come un lago incantato immerso in un verde remoto.
Ma non le disse nulla.
S’avvicinò, l’abbracciò e caddero ai piedi dell’Albero Anziano.
Lo teneva lei sul suo seno quando, con voce spezzata, lui disse: “Piccola, adorata Occhi di Lago, lo so che è una giustizia sbagliata ma la mia mente, tormentata, non può sopportare che Heawee, la mia Fanciulla Ridente, viva tra pianti e rimpianti.  Perdona tu il mio cuore, tu che mi puoi capire”.
E Occhi di Lago, con occhi che sembravano davvero annegare, a quelle parole, lentamente si sciolse, ma non dall’abbraccio.
Dolcemente, impercettibilmente. Solo poi, quando lui sorpreso si ritrovò a terra da solo, vide dinnanzi a sé un lago formarsi, ingrandirsi...
Si fermò alle radici dell’Albero Anziano.
“Io ti capisco” gli disse. “Ti perdono. Perdonami tu, se puoi. Io sono un lago, tu lo sai. Posso riflettere solo l’amore che si versa in me, e più è grande e più lo rifletto. E lo rifletto insieme al sole gioioso, o alla pioggia malinconica, o alle fronde smosse dalla tempesta. Ma quando l’amore s’allontana, quando non viene a rispecchiarsi in me, allora sono solo acqua. Perdonami.
Quando sarai cielo, allora guardami: sarò lago solo per te”.
                                             
                                             
                                                    

                                        

mercoledì 21 dicembre 2016

"Angeli Distratti"


 
                                          https://www.youtube.com/user/asorbi1

"Angeli Distratti"
Lyrics by Mary Grace Ovedi
Original Oil Paintings by Annael Anelia Pavlova
Music Impera ( Album ERA) by ERA




...Essenze di smarrite emozioni.

Note lievi, acute, profonde
intime, potenti, dolenti, malinconiche, voluttuose
meste, felici, solitarie,
perse in volo da Angeli distratti.





martedì 20 dicembre 2016

*In fondo ai sogni* - A Roman Christmas Carol -



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                                                https://www.youtube.com/user/asorbi1

"In fondo ai sogni" (A Roman Christmas Carol)
Lyrics by Robert N. Pagliuca

        Music
"O Holy Night" (Peace on Earth)
by Kitaro.

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lunedì 19 dicembre 2016

*Anthea raccontava...* Fairy Christmas Tale



https://www.youtube.com/user/asorbi1

" Anthea raccontava..." Fairy Christmas Tale
Lyrics by Mary Grace Ovedi


Voice by Mary Grace Ovedi
Mixed by Robert N.Pagliuca

" Esiste: è unica e rara e brilla solo per te 
in un universo di stelle...." 

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sabato 17 settembre 2016

* Dune *

                                                              
Da onirici venti sferzati
immagini, sensazioni, ricordi
come grani di sabbia
s’inseguono, mulinellano
s’addossano,
d’attimo in attimo
mutando
lo sconfinato etereo paesaggio
ch’io mi illudo chiamare
sicurezza.

… dune i suoi seni
che si sovrappongono ai miei …
… solchi i vuoti incolmabili
di cose trascorse …

E dune e solchi
alterando cangianti
l’effimera
evanescente linea
mi disorientano, mi confondono.

L’orizzonte laggiù,
come miraggio nel deserto,
potrebbe anche essere
un inganno.

     
     


venerdì 16 settembre 2016

* Come un Castello *

 
Disegnò immagini, paesaggi, emozioni
il tempo.
Con esse, una sull’altra,
come carte da gioco,
mettemmo in ordine
ed innalzammo la vita.
Come un castello.
Sotto, segrete profonde, buie e remote,
sorgenti di passato,
pilastri su cui poggiammo
colonne, archi, mosaici, vetrate, saloni
da cui ci illudemmo, attraverso torrette svettanti
d’arrivare al cielo.
Mai furono abbastanza alte
perché il futuro appena sfiorato
sbreccia in passato
portando via i merli
diroccando le torri.
E quando per un soffio più forte
del vento
o un’onda più alta
del mare
o un grido più stridulo
d’un gabbiano
crolla il castello,
con esso precipita il tempo.
Passato, presente e futuro
si confondono.
Immagini, paesaggi  ed emozioni
si mescolano.
Come in un gioco si mescolano le carte.

Che ingannevole illusione
il tempo.
               
           

* Sei venuto a me *

Sei venuto a me
da remoti  sentieri
che nella rabbia
e nel dolore
dietro le mie spalle
ho lasciato inselvatichire.

Hai smosso fronde
hai fatto scricchiolare foglie
hai lasciato filtrare
la remota luce del sole.

Hai addolcito il mio cuore
con il dolce suono
del mio nome.

E come dono,
delicato, lieve,
mi hai scorto
degli occhi
l’intorpidito scintillio.



* Nell'ombra *

                                                                                   “Nell’ombra”

Ombre confusamente allegre
nella stagione dell’amore
ho visto nette
stagliarsi
al sole.

Ma ora
è inverno
ed il sole fatica
ad ombreggiare.

Nella notte
nell’ombra di luna piena
passi stanchi
senza eco
mi affiancano.
                                                           



* La Ragnatela *

Era una ragnatela
fitta, armoniosa
quella sui cui fili argentati,
stretti allacciati ai miei,
correvano le nostre parole

le nostre emozioni.

La struttura stessa della vita, pensavo,

ancorata negli abissi inviolabili.

Inespugnabile, pensavo.
Eppure quando fili affioranti
d’una tua remota e primordiale ragnatela
incagliati in reconditi anfratti
hanno vibrato del richiamo
ancestrale
d’istinto li hai riagganciati.

“Solo qualche filo” pensavi

per puntellare qua e là,

per mitigare gli errori del passato,
per dare un senso alle cose incompiute
per fissare le parole non dette.
Per tenere in piedi
L’Olimpo degli Dei.

Distratto, o troppo sicuro,
non hai più trattenuto
i fili argentati
che io ho continuato a mandarti.
Li hai lasciati cadere.

”Troppi” dicevi “e troppo sottili”.
“I fili sottili ingombrano, non servono a nulla”.

Non erano fili sottili.
Erano fili argentati e diamantati
di rugiada. Le mie lacrime.
Il mio dolore.

Ora corre tra noi
lo scheletro di una ragnatela.
Pochi vecchi fili puntellati
con al centro uno squarcio
dove incurante
sibila un vento gelido.