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mercoledì 13 agosto 2025

* L'Angelo dei "se" *


L’ANGELO DEI SE, DEI COME E DEI PERCHE’

     - di Mary Grace Ovedi

Parte III

         Incontrai l’angelo dei “se” al luna-park.

         Era un bambino e sedeva sul primo dei tre gradini della casa degli orrori.

Mi guardò, mi sorrise da dietro il suo enorme bastoncino di zucchero filato e mi disse:

 - Lo sai che se non avessi speso una monetina per questo delizioso bastoncino di zucchero filato adesso potrei, con quel soldino, fare un giro nella casa degli orrori? –

         Non mi diede neanche il tempo di rispondere che continuò sorridendo ammiccante

- …ma se avessi speso quella moneta per fare un giro nella casa degli orrori adesso non starei qui a deliziarmi con questo bastoncino di zucchero filato!!!! –

         Non potei che convenirne annuendo e riflettendo su quanta saggezza e ragionevolezza era insita in un bambino così piccolo.

         Ma lui già stava dicendo, scavalcando i miei pensieri:

         - Se non fossi già salito sulla ruota panoramica e fossi invece andato nella nave del pirata, forse adesso avrei un soldino in più da spendere per un croccante ma, secondo te, un croccante può mai competere in emozione e bellezza con la meraviglia di uno sguardo dall’altezza della ruota panoramica? -

         Annuivo e mi sorprendevo sempre più delle considerazioni del piccolo amico seduto sul gradino della casa degli orrori e pensavo tra me e me che aveva ragione e che c’era una buona motivazione in ognuna delle scelte fatte dal piccolo, le stesse che forse avrei fatte anche io.

         Ma il bambino continuava. Sorrideva, mangiava il suo zucchero filato e con quel suo faccino sbarazzino e provocatorio continuava a propinarmi una sequela di “se”.

         - Se non avessi scelto di venire qui oggi probabilmente sarei da un’altra parte, a fare altre cose ma mi chiedo, e lo chiedo anche a te, pensi che da un’altra parte avrei potuto divertirmi di più di quanto mi stia divertendo qui, con la musica, le giostre, gli altri bambini, i baracconi del tiro a segno, le vaschette dei pesci rossi, le montagne russe, il trenino del far-west? Io credo di no, però nel “se” resta il dubbio. Forse avrei potuto essere in un luna-park più grande, con più attrazioni, con più gente, con più divertimenti, con più dolci, ma pensi che avrei potuto divertirmi di più di quanto io mi diverta qui, o mangiare un bastoncino di zucchero filato più dolce e grande di quello che mi sto gustando o salire su una ruota panoramica che avrebbe potuto offrirmi una emozione più forte e intensa di quella provata davanti alla sconfinata altezza e bellezza che ho goduto da lassù? – mi domandò guardandomi negli occhi ed indicò la cabina della ruota all’apice del cerchio.

         Non sapevo cosa rispondere perché in fondo aveva ragione. L’intensità delle emozioni non può essere commisurata con le ipotesi del “se”.

Va assaporata, goduta minuto per minuto, attimo per attimo perché è effimera e incerta e sfuggente. Non bisogna stare con il bilancino a pesare, a paragonare, a fare raffronti, a cercare il meglio o il di più quando, inseguendo quello, si sottovaluta, ci si allontana, si perde ciò che di bello, unico e irripetibile ci si offre in quel momento.

         Come si mi avesse letto nel pensiero, il bambino dei “se” mi guardò seriamente negli occhi.

         Era scomparsa la sua birbanteria, la sua monelleria.

         Pacato, saggio e adulto, mi fissò con i suoi grandi occhi blù e mi disse:

         - E’ inutile che ti tormenti con tutti i tuoi “se”, se avessi fatto questo, se non lo avessi fatto, se avessi preso quella strada, se non avessi detto quel che ho detto, se fossi andata, se fossi rimasta, se non lo avessi mai incontrato, se non fossi mai nata, se fossi stata un’altra o quant’altro ti viene in mente. Ti ripeto che è inutile. Te l’ho dimostrato con i miei piccoli esempi. L’intensità, la realtà, la verità delle emozioni, perché in definitiva è a questo che si riconduce la vita, non va mai rapportata all’ipotesi del “se”. L’ipotesi, già di per sé, è come una mano chiusa in cui potrebbe non esserci niente o solo una manciata di mosche, pronte a volarsene via appena aperte le dita. L’ipotesi è il vago, l’incerto, l’improbabile. Non perderti in labirinti senza uscita, non lasciarti abbindolare da specchi insinceri che ti illudono con immagini non veritiere. Lasciali qui, al luna-park, l’unico luogo dove è giusto che siano. Qui, dove la gente viene pronta a divertirsi, a non prendersi sul serio, a ridere di sé e non a domandarsi o a tormentarsi con i suoi “se” -.

         Mangiò un altro fiocco del suo zucchero filato, sorrise e ammiccò offrendone anche a me.

         Perché no? Aveva ragione!

In quel momento mi resi conto di pensarla proprio come lui, nonostante in passato non mi fossi mai soffermata a rifletterci su.

         Ero invecchiata a furia di tormentarmi inutilmente con tutti i miei “se”...

         Era giusto che fermassi pure io il tempo, come il bambino dei “se”:  il luna-park era il luogo più indicato per chi non voleva tormentarsi più, per chi voleva godere dell’attimo fuggente.

         Perciò accettai dal bambino dei “se”, alias l’angelo dei “se”, quel fiocco di zucchero filato e beata me lo gustai, guardando ammirata la ruota panoramica che compiva il suo meraviglioso giro nel cielo.

 


Racconto finalista alla 45^ Edizione del Premio Letterario Internazionale 
"S. Margherita Ligure-Franco Delpino"
Anno 2022 

domenica 3 agosto 2025

"L'Angelo dei Se, dei Come e dei Perché"


L’ANGELO DEI SE, DEI COME E DEI PERCHE’

     - di Mary Grace Ovedi - 

PARTE II
Ma accanto ai “perché” ci sono anche i “come”.

        Come mai, mi chiedo, se ho rispettato tutte le regole, se sono stata coerente, se ho seguito tutte le istruzioni, se mi sono comportata bene, come mai sono sempre io quella che paga per gli errori degli altri?

         Come mai tutti possono permettersi di sbagliare e non invece io?

     Non me lo so spiegare, o forse sì, me lo so spiegare ma non ho voglia di accettare le mie spiegazioni perché sono di parte e forse viziate da inattendibilità.   

    Il punto è che mi faccio sempre carico dei problemi degli altri, penso sempre prima agli altri che a me, mi metto sempre nei panni degli altri prima che nei miei. E questo non va bene e non lo voglio più sentire come spiegazione perché esisto anche io, con le mie esigenze e i miei bisogni, anch’io sono un essere delicato e fragile e bisognoso d’aiuto.

          Non posso sempre stare a dispensarne agli altri quando nessuno ne elargisce un po’ a me.

          Ho deciso di non dare più, di chiudere gli occhi e le orecchie per un po’, per avere un attimo di tregua, per pensare a me e per scoprire come fanno gli altri ad ottenere senza dare nulla in cambio.

     Indosserò una corazza, metaforicamente parlando, su cui lascerò scivolare tutto. Sarò inaccessibile, nessuno riuscirà più a carpire nulla da me, nessuno più riuscirà a defraudarmi di ciò che mi appartiene, nessuno più riuscirà a ferirmi e a farmi soffrire a causa dei suoi errori.

      Ed io, dalla inattaccabilità della mia corazza, non ne farò perché rispetterò le regole, sarò coerente, seguirò le istruzioni, mi comporterò bene.

      E allora come mai ancora non riesco ad esistere, a pretendere, a sfruttare come fanno tutti gli altri? Come mai le mie esigenze, i miei bisogni ancora non sono prioritari rispetto a quelli degli altri? Come mai non riesco a passare davanti ad un mendicante senza provare sofferenza e solidarietà per lui?

    Ho cercato di ignorarlo, di passargli distante, di non guardarlo ma lo stesso ho provato attrazione verso di lui.

   Sono cadute le mie difese, la mia corazza s’è disciolta ed io, vulnerabile e fragile come sempre, mi sono messa nei suoi panni, mi sono identificata con lui per capire e comprendere il suo stato d’animo, la sua vita, i suoi errori e per giustificarlo, per trovargli delle attenuanti, per assolverlo ed aiutarlo.

    Inaspettatamente, in questo transfert, ho avuto modo di parlare con lui, telepaticamente e di capire e di spiegarmi i miei “come mai”.

       - Come mai riesco a parlarti, ti starai chiedendo – mi comunicò guardandomi, con il suo bel faccione rubizzo, senza muovere né le labbra né la sua lunga barba bianca.

      - Non è difficile sai quando c’è qualcuno ricettivo come te pronto ad ascoltare. Certo siete rari ma non inesistenti. Avete una sorta di aurea intorno a voi, è possibile vedervi da lontano. Spiccate tra la massa e noi angeli non siamo ciechi.

    Come mai ti parlo solo oggi, ti chiedi? Ebbene prima non ce ne era la necessità perché non ti sei mai posta questa domanda in maniera risolutiva. Ma ora sento proprio che hai bisogno di sapere ed è quindi giusto che tu sappia perché è pesante e debilitante portare una corazza quando si è fragili e delicati come te.

    La vostra forza è proprio nella delicatezza, nella fragilità del vostro essere. La vostra essenza è leggera e leggiadra. Come lo stelo di una rosa è forte ma sottile, non lo si può appesantire con una corazza o si spezzerà.

  E questo, noi angeli, non lo vogliamo. Sono qui proprio per impedire che accada.

  Cercherò di spiegarti in parole semplici come gli esseri più fragili siano i più forti, gli unici che possano aiutare quelli meno forti e meno fragili.

   Non è un controsenso, seguimi bene.

 Fragile significa essere vulnerabile, vulnerabile significa essere sensibile, essere sensibile significa capire più profondamente, capire più profondamente significa identificarsi, identificarsi significa vivere per un po’ la vita altrui e vivere per un po’ la vita altrui significa sentire emotivamente, sentire emotivamente significa essere vivi dentro ed essere vivi dentro significa essere forti.

Mi comprendi? Ecco come mai ti ritrovi ad identificarti, a metterti nei panni dei meno forti, di quelli che fanno gli errori, di quelli che sbagliano: è per come tu trasformi la tua fragilità interiore in forza interiore.

I meno fragili questo tipo di forza non l’avranno mai: perciò tu gliene dispensi tanta.

Continua a farlo, te ne prego e ricordati... io sarò sempre a portata quando avrai voglia di scambiare due chiacchiere con me - ammiccò sorridendo il faccione rubizzo, con i suoi acquosi occhi blu, dimenando appena un po’ la sua lunga barba bianca.

 E da quel giorno io non mi sono più chiesta come mai senta miei i problemi degli altri, come mai io mi metta sempre nei panni degli altri, come mai io cerchi sempre di trovare le motivazioni, le attenuanti, le giustificazioni, le assoluzioni per gli altri, come mai io pensi prima agli altri che a me stessa, e soprattutto come mai io mi soffermi sempre a sorridere riconoscente al mendicante all’angolo della strada.

 Non me lo chiedo perché lo so e non lo dimenticherò mai. Lui è l’angelo che risponde ai miei “come mai”.

 



 

 

 


 
                                                          

martedì 15 luglio 2025

"L'Angelo dei Se, dei Come e dei Perché"

L’ANGELO DEI SE, DEI COME E DEI PERCHE’

- di Mary Grace Ovedi –

Parte I


- Hai in comune il sesto senso con gli animali. Ecco perché questi piccioni sono raggruppati tutti intorno a te, anche se non gli stai dando del cibo -


Esordì con queste parole confidenziali e profonde il giovane che, come apparso dal nulla sedeva sulla panchina accanto a me.

Dovevo certo essermi distratta per non averlo visto e neanche sentito arrivare. D’altronde neanche i piccioni dovevano averlo visto o sentito arrivare altrimenti sarebbero volati via.

Ma, come detto, prima ero distratta e poi, dopo le sue parole, molto sorpresa perché rispondeva tempestivamente ed esattamente alla domanda che mi ero appena posta in quel momento, e cioè perché con tutta la gente che c’era seduta sulle varie panchine nel giardinetto sotto il mio ufficio, tutti i piccioni, e dico tutti, si erano raggruppati intorno ai miei piedi?

Non avevo cibo da cui potessero essere attratti ed ero persa nei miei pensieri che non avevano nulla a che vedere né con gli animali in genere, né con i volatili in particolare. Perché quindi mi dedicavano tutta questa attenzione?

Stavo appunto ponendomi questa domanda quando la sua risposta era arrivata subitanea ed appropriata, come se mi avesse letto nel pensiero.

La risposta mi aveva colto di sorpresa, ma non certo il senso di quello che diceva.

Fin da piccolissima avevo avuto un contatto particolare con gli animali, una sorta di linguaggio fatto di gesti, di sguardi, di toni della voce, che ci faceva comprendere reciprocamente i nostri stati d’animo.

Io lo sapevo certo, ma come faceva lui a saperlo?

Ma il suo tono era così confidenziale, amichevole, spontaneo, che mi sentii subito sulla sua lunghezza d’onda e, contrariamente a come di solito mi comporto con le persone che non conosco, non provai neanche per un attimo diffidenza o timore nei suoi confronti e con lo stesso tono confidenziale, amichevole e spontaneo, come se lo conoscessi da sempre, intavolai con lui una piacevole conversazione. E parlammo di tante cose, e più si discorreva meno mi sorprendevo di quanto sapesse di me, dei miei pensieri, dei miei comportamenti, delle mie attitudini, dei miei interessi e soprattutto dei miei trascorsi.

Conosceva particolari che mi lasciavano senza fiato, perché mai nessuno ne era stato a conoscenza. Come uno psicologo attento mi faceva riflettere sulla causa e sull’effetto. Mi spiegava che se oggi come oggi ero così ciò lo dovevo a come ero stata, a ciò che avevo fatto.

Ci si dimentica troppo spesso il percorso da dove siamo partiti, di tutto quello che abbiamo incontrato in quel percorso e, dimenticandolo ci si smarrisce in lande sconfinate dove tutto è uguale a tutto, dove non ci sono riferimenti, punti fermi, concreti, ai quali aggrapparsi e resistere contro le intemperie della vita.

Se non si ricorda, se non si da valore, se non si trae insegnamento da ciò che è stato, siamo condannati per l’eternità a riviverlo e a ricommettere sempre gli stessi errori.


- Tu sei speciale e il non ricordare ovviamente non è riferito a te, perché tu non hai dimenticato. Il tuo cuore, la tua mente, la tua anima sono rimasti sorprendentemente giovani e curiosi, proiettati verso il sapere, il conoscere, l’apprendere. In te è ancora viva la meraviglia, lo stupore, la semplicità, la perfezione, l’armonia e la bellezza della vita in tutte le sue sfaccettature.

Hai la fortuna di essere una donna-bambina, saggia e ingenua, scaltra e timida, semplice e complessa… -


  Il giovane continuava a parlarmi e a dirmi cose meravigliose e intime che toccavano corde sopite e facevano risuonare in me una musica che credevo di aver dimenticato o mai conosciuto.

Riportavano in me il passato, piccoli particolari, inezie della mia infanzia, della mia giovinezza, che erano state così importanti in quei momenti, così dolorose o gratificanti da segnarmi dentro, da indirizzare i miei passi futuri verso sentieri precisi, verso percorsi fatti apposta per me, creatisi dal nulla per il mio divenire.

E lui, il giovane che parlava così spontaneamente e amichevolmente, tutto questo lo sapeva.

  - Come fai a sapere tante cose di me? – gli chiesi non potendo più trattenere la mia curiosità. – Ci conosciamo? Ci siamo incontrati da bambini, abbiamo vissuto insieme qualcuna delle cose che mi hai raccontato? Non riesco a ricordarmi di te? Come mai? Come mai ricordo tutto e non ricordo te? Chi sei? Come ti chiami? -


  - Forse non ti ricordi il mio nome, anche se me lo hai dato tu la prima volta che mi hai visto. Ero in cima all’albero della mimosa, era una notte senza luna, con un cielo buio, nero come la pece, su cui brillavano luminose le stelle del piccolo carro. Tu hai guardato in alto e mi hai visto. Non avrei dovuto lasciarmi vedere da te, non allora almeno, ma eri così incantata dalle stelle, dal cielo, dall’ignoto, dal mistero, dal desiderio di vedere che, per un attimo, mi sono mostrato a te. Mi sono mostrato per come mi volevi vedere, luminoso, splendente e con le ali, come tu a dieci anni credevi fossero gli angeli. Sono Angelo, sono il tuo angelo custode - disse semplicemente.


Se i viaggi nel tempo esistono, ebbene in quel momento fui teletrasportata a quella notte, senza luna, dove sotto un cielo cupo, nero come la pece, risplendevano mille stelle attorno al piccolo carro e dove, affascinata, incantata, a faccia in su, dall’altezza dei miei dieci anni, guardavo ipnotizzata in cima all’albero di mimosa accanto alla casa, una forma luminosa, abbagliante, bellissima e con le ali e il pensiero razionale nato in quel lontano momento rinacque nella mia mente: Angelo, il mio angelo custode!!!!

Allora l’immagine durò una frazione di secondo, l’esatto sbattere delle palpebre ma ora, ora che la sto rivivendo, è eterna, fissa e magica nella mia mente.

Ti guardo giovane ragazzo, e pian piano l’immagine svanisce per sovrapporsi a te, a te il mio angelo custode tornato per non far assopire dentro di me la tua immagine, il tuo valore, il tuo senso nella mia vita. Per non farmi dimenticare chi sono, perché sono qui ora, perché sono così ora. Per non farmi dimenticare i miei percorsi, i miei sentieri, per non farmi smarrire in questa landa sconfinata e desolata, per farmi ricordare il linguaggio dimenticato degli animali, gli unici che non dimenticano mai e non tradiscono mai.

Sei l’angelo venuto a spiegarmi perché”.

         




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


giovedì 13 marzo 2025

* L'eternità *

             
               

Intorno a me 

spazi infiniti di luce,

di tenebre, di abissi

d’ignoto.

Inquieta

vortico, sempre più velocemente, cercandoti.

E abbraccio l’aria, la terra,

e stringo il sole e le stelle

per avvicinarti a me:

tu sei così lontano

nel tempo, nello spazio.

E m’aggrappo agli immensi cerchi

che volteggiando come un angelo

disegnavi sulla pista di ghiaccio.

Al mio tocco

rimpiccioliscono sempre più.

S’avvicinano e t’avvicinano

e il calore che emana da te mi rincuora.

Una musica lieve,

un valzer ricamato,

bianco e merlato come un fiocco di neve,

suona, non so dove.

 

E lo scintillio dei cristalli tintinnanti sui di noi

magico e complice come il vischio

      è l’ infinito

E il brivido fantasmagorico

adagiato sulle nostre labbra danzanti

     l’eternità.